mercoledì 18 aprile 2001

Jaçy Parana'


Il benvenuto in citta' lo danno gli avvoltoi, appollaiati in fila sui pali ad ali aperte, come macabri trofei viventi. Jaçy Parana', se di citta' si puo' parlare: poche case e baracche con facciata in legno e il patio, allungate sulla strada tra Porto Velho e Rio Branco. Una strada che sembra correre verso il nulla in due direzioni opposte, tagliando in due la terra come con un colpo di righello.

In realta' ha tagliato molto di piu', la strada: ai suoi bordi, per chilometri la foresta e' scomparsa, sostituita da latifondo a pascoli. Dietro il filo spinato ancora se ne vede lo scheletro: tronchi bruciati, dai rami contorti, come gigantesche mani carbonizzate, nell'atto disperato di afferrare il cielo.

A Jaçy Parana' abitano contadini, pescatori e seringueiros, i raccoglitori tradizionali di gomma. Un tempo era un porto importante, ci passava la ferrovia, c'era una stazione. Al tempo degli imperi della gomma. Ora la stazione e' un rudere spaccato in due, unico monumento della citta' che fu. Proprio sopra la vecchia strada ferrata, come un treno stanziale, e' nata un'altra fila di casette e baracche di legno.

Aspetto per interminabili ore calde un appuntamento che si dilata lungo i tempi espansi di questa terra fuori dalla storia. Ho un contatto di seconda mano col presidente dell'associazione dei seringueiros, perdutosi a Porto Velho, appresso a chissa' quali trattative. Sopraffatto dal caldo mi siedo sotto un albero, diventando l'attrazione esotica dei bambini e dei ragazzi del posto, che entusiasti dall'insolita presenza di un gringo, si lanciano in prodezze geografiche: sara' che la Cina e' la capitale del Giappone? E tu, in quale quartiere dell'Italia abiti?

Poi anche i bambini se ne vanno, chiamati da madri poco piu' grandi di loro. Stanco di guardare i polli, passo il pomeriggio camminando per strade fangose che salgono lungo le colline, tra campi polverosi e baracche, seguendo le tracce di camion carichi di tronchi che deviano stranamente dalla strada principale. Per avere conferma di quel che supponevo: una miriade di piccole segherie taglia e trasforma direttamente i tronchi in assi, sottraendoli cosi' ai controlli. In un paese cosi' vasto, l'attivita' di taglio illegale della foresta sfugge ad ogni controllo. L'unico metodo per fare verifiche e' controllare i permessi di trasporto dei tronchi, che devono riportare i dati relativi al luogo e alle condizioni del prelievo. Ma basta segare i tronchi nella regione, e il controllo diventa impossibile: le assi di legno non sono tronchi, sono ormai una merce come qualsiasi altra.



In questa regione, lontana dalla citta', dal turismo, dalla produzione, ma vicina alla frontiera boliviana, l'economia sembra seguire strade proprie. Strade lastricate dalla diffidenza. Ovunque vai ti chiedono chi sei e cosa vai cercando. Oppure ti guardano fisso, con quello sguardo muto e pesante, che ti fa capire di essere nel posto sbagliato.

Dietro la sottile linea delle case, sopra la foresta, piccoli aerei militari volteggiano in cerchi ripetuti gettandosi in picchiata fin quasi alle cime degli alberi: e' la quotidiana guerra della coca.

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