sabato 17 agosto 2002

Peccati pesanti come sassi


Isola di Olohon, 17 agosto 2002. In viaggio verso Irkutsk, ci apprestiamo a salutare l’Isola di Olohon con un ultima visita alla roccia marmorea coperta di licheni rossi: e' il picco di Sagan-Khushun, (dei Tre Fratelli) all'estremo nord dell'isola. Valentin Rasputin ne scrive con ammirazione: "Avrei scelto questo posto per la tomba di Ghengis Khan. E avrei portato qui gente con differenbti peccati per vedere contro cosa stanno combattendo, e avrei portato qui le anime afflitte per trovarvi conforto, malati per trovare guarigione, arroganti per trovare umilta'". Ma non tutte le idee sono sue: da secoli i buriati portano sassi sulla cima di una dei queste colline. Ogni sasso portato sulla cima e' un peccato che se ne va dall'anima. Se il peccato e' grave, deve essere grande anche il sasso. E ogni anno la collina diventa piu' alta. Portiamo anche noi un sasso sulla cima, anche se non sappiamo bene per quale dei tanti peccati possa essere buono. Ma ci piace di lasciare qualcosa di noi in questa parte di mondo.

venerdì 16 agosto 2002

Carnevale di rifiuti



Isola di Olohon, 16 agosto 2002. Anche oggi raccolta riprende la mattina all'alba, ma e' l’ultimo giono: domani sara' organizzata un'azione dimostrativa nel centro di Irkutsk, il capoluogo della regione: un carnevale a base di maschere create coi rifiuti sfilera' fino alla sede dell'amministrazione regionale. Obiettivo: un piano generale per la protezione del lago, comprendente una gestione pianificata dei rifiuti e del riciclaggio, il divieto di scarichi industriali e la protezione del suolo e della biodiversita'. Come ogni sera siamo seduti intorno al fuoco e ognuno racconta storie sulle battaglie in protezione delle foreste, mentre un altro dei meravigliosi tramonti estivi illumina il grande lago.

giovedì 15 agosto 2002

L'isola degli sciamani

Isola di Olohon, 15 agosto. La mattina organizziamo una dimostrazione nel villaggio dell'isola. Gruppi di volontari vano di casa in casa e invitano la gente del posto a partecipare: raccogliere rifiuti e consegnarli tutti assieme, in una cerimonia di 'purificazione' dell'isola. Case di legno di contadini e pescatori, facce antiche incastonate in un caleidoscopio di rughe. Occhi mongolici dei buriati, che ti guardano con espressione impenetrabile, a volte perplessi ma sempre ospitali. Eppure, se ti dicono che vengono, puoi essere sicuro che lo faranno.

Un'ora dopo qualche centinaia di persone si trovano nel centro del paese e si avviano a raccogliere i rifiuti abbandonati sulle spiagge e nei campi.



Le squadre di raccolta si incontrano alcune ore dopo su un verde campo a picco sul lago, presso un Albero Sacro, proprio di fronte alla Roccia degli Sciamani. Questo scoglio alto e aguzzo, a picco sul lago, ha un significato speciale per la gente che abita l'isola. Si dice che un tempo l'isola di Olohon fosse governata da sciamanesse che abitavano proprio tra quelle rocce sacre. Di li' comunicavano con lo spirito del lago e ne controllavano le terribili forze. La leggenda vuole che le sciamane fossero in grado di portare morte e guarigione, agire sul cuore della gente e riportare in vita i morti. Storie ormai ignorate, che rimbalzano silenziose sulle pietre della scogliera. Certo e' che l'isola, e in particolare questo irta scogliera a picco sulle onde, e' stata per secoli centro di pellegrinaggi dalle regioni circostanti, e tutt'ora il lago e la sua isola sono considerati sacri dallo sciamanismo delle popolazioni buriate.

E' proprio di fronte a questa roccia che lo sciamano dell'isola chiede agli spiriti di sostenere la campagna di Greenpeace per la protezione del lago Baikal.



''Questo luogo un tempo era considerato sacro e rispettato da tutti, tanto che chi vi si avvicinava copriva di pezze gli zoccoli del cavallo per evitare che il rumore infastidisse gli spiriti. Oggi questo luogo non e' piu' rispettato, e io chiedo aiuto ai 50 spiriti che vengono da ovest e ai 45 spiriti che vengono da est, e che si incontrano proprio qui per governare le sorti del mondo, chiedo loro di sostenere chi ci aiuta a ripristinare l1antico equilibrio. Lunga vita a Greenpeace.'' Il sole scalda l'aria tersa e il verde dei larici spicca su un cielo azzurro intenso. La roccia degli sciamani, sullo sfondo, sembra piu' bianca del solito, brillando silenziosa sopra le acque del lago Baikal.

martedì 13 agosto 2002



Isola di Olohon, 13 agosto. Il piccolo sentiero si inerpica nel bosco. Ho lasciato dietro di me i luminosi prati di genziane e stelle alpine. Il suolo e' ora coperto di licheni chiari, che danno un'apparenza di magia creando una lieve luminescenza nell'oscurita' del bosco. I passi, silenziosi su questo soffice tappeto, sembrano muovere in una dimensione sconosciuta.
Improvvisamente appare un piccolo slargo, infiocchettato di strisce di stoffa multicolori che pendono da tutti i rami. Al centro di questa foresta di stoffa, una maschera di legno dai lineamenti androgini. Mi guarda con occhi vuoti e fissi, e sembra porre mute domande.
Le genti buriate vengono ancora qui dopo millenni, lasciano richieste e strisce di stoffa, e se ne vanno con carichi di responsi, speranze e indicazioni.

Ma il mio cuore non riesce ad afferrare le il significato di questa lingua antica e silenziosa. Ne' di questo sguardo vuoto intagliato in legno antico. E il silenzio resta tra me e le domande inespresse come un muro impenetrabile.
Dalle cime degli alberi penetrano bagliori brillanti di sole pomeridiano, poi la foresta racchiude nel buio il segreto di uno sguardo troppo antico.
Osservo ancora una volta le strisce di stoffa. Alcune ormai scolorite dal tempo si sfanno lentamente nell'umidita': desideri e voti soddisfatti tanti anni fa', o voti che ancora pendono insoddisfatti come stracci al vento. Mi scuso col pensiero e prendo commiato dalla maschera silenziosa, mentre il vento che viene dal lago scuote i rami scuri, in segno di disapprovazione.

Lo spirito del bosco

Isola di Olohon, 13 agosto. Il piccolo sentiero si inerpica nel bosco. Ho lasciato dietro di me i luminosi prati di genziane e stelle alpine. Il suolo e' ora coperto di licheni chiari, che danno un'apparenza di magia creando una lieve luminescenza nell'oscurita' del bosco. I passi, silenziosi su questo soffice tappeto, sembrano muovere in una dimensione sconosciuta.
Improvvisamente appare un piccolo slargo, infiocchettato di strisce di stoffa multicolori che pendono da tutti i rami. Al centro di questa foresta di stoffa, una maschera di legno dai lineamenti androgini. Mi guarda con occhi vuoti e fissi, e sembra porre mute domande.
Le genti buriate vengono ancora qui dopo millenni, lasciano richieste e strisce di stoffa, e se ne vanno con carichi di responsi, speranze e indicazioni.
Ma il mio cuore non riesce ad afferrare le il significato di questa lingua antica e silenziosa. Ne' di questo sguardo vuoto intagliato in legno antico. E il silenzio resta tra me e le domande inespresse come un muro impenetrabile.
Dalle cime degli alberi penetrano bagliori brillanti di sole pomeridiano, poi la foresta racchiude nel buio il segreto di uno sguardo troppo antico.
Osservo ancora una volta le strisce di stoffa. Alcune ormai scolorite dal tempo si sfanno lentamente nell'umidita': desideri e voti soddisfatti tanti anni fa', o voti che ancora pendono insoddisfatti come stracci al vento. Mi scuso col pensiero e prendo commiato dalla maschera silenziosa, mentre il vento che viene dal lago scuote i rami scuri, in segno di disapprovazione.

domenica 11 agosto 2002


Isola di Olohon, 11 agosto. Anche oggi minestra e pesce affumicato. Come tutti i giorni. Difficile non associare il forte odore di questo pesce con quello delle lische marce che rimuoviamo ogni giorno, miste a cocci di vetro e cartacce. Ma che importa? Una sauna, un tuffo nell'acqua gelata e magica del lago, e torna il buonumore.

E' scesa notte, sulle magiche rive del Baikal. Il rumore della risacca di questo mare di acqua dolce si fonde allo stormire della foresta. Le stelle sembrano una massa compatta in un cielo senza luna. Un vento tiepido, appena rinfrescato dalle acque sempre gelate del lago, porta il profumo di muschio e erba. Nel buio attorno a me decine di rumori misteriosi. Un grattare, un odorare, uno strisciare, e poi passi felpati, un respiro silenzioso, una specie di grugnito. La vita notturna sembra piuttosto vivace, da queste parti. O forse sono gli spiriti della magica isola, che sempre piu' ignorati da umani ormai quasi senza sciamani, si rifugiano tra i piccoli esseri della terra, aspettando tempi migliori.

martedì 6 agosto 2002

Nella rumenta



Isola di Olohon, 6 agosto 2002. La mattina alle sette la sveglia e' suonata da un gong artigianale -un vecchui cerchione di camion trovato tra i rifiuti- L'acqua gia' bolle nei pentoloni e nelle grosse teiere. La colazione, tipicamente russa: porrige di riso e da pesce affumicato con cetriolini. Quindi si parte per il bosco e per sette-otto ore si raccolgono rifiuti rimestando tra cocci, vetri spezzati, barattoli arrugginiti (non sempre vuoti), pezzi di macchinari arrugginiti, lastroni di eternit e amianto, resti chimici e scarti animali, piu' o meno in avanzato stato di decomposizione. Quanto basta per rivoltare gli stomaci piu' robusti.. E' un lavoro duro, fisicamente e psicologicamente, appesantito da un viaggio lungo ben sette fusi orari. Ma il clima del campo e' leggero, si scherza, si gioca e si lavora in team. Nei primi tre giorni di lavoro si raccolgono mille sacchi di rifiuti e tre camion di rottami di ferro.



Mentre il sole tramonta lentamente in una incredibile esplosione di colori, ci si butta nella sauna da campo (i russi proprio non possono farne a meno) per rimuovere dalla pelle la stanchezza e le tossine accumulate Dalla sauna ci si tuffa direttamente nelle acque gelate del lago.

domenica 4 agosto 2002

Un campo sul lago Baikal


Irkutsk, 4 agosto 2002. I ragazzi di Greenpeace Russia ci aspettano a Irkutsk in una splendida giornata di sole. Ci vuole un giorno di viaggio per raggiungere il campo, nel mezzo dell'isola di Olohon, cuore del lago Baikal.

Irkutsk e', come tutte le citta' di frontiera, una frontiera sul nulla: il confine tra la Russia cosacca e ortodossa e l'Asia della Transbaikalica.

Piccole case di tronchi scuri, adornate di fregi di legno e trine alle finestre. La frontiera nel frattempo si spostata dentro ciascuno, quasi a segnare il confine tra un presente scarno e un futuro incerto.

Mano a mano che il vecchio pullman Kavz si allontana da Irkutsk, la Tajiga si fa piu' fitta e chiusa: pini siberiani si alternano a larici, betulle e tremuli, sempre inframmezzati da ampie radure. Lungo le creste calcaree, ampie vallate si susseguono in un movimento lieve e ripetitivo.

Dopo una serie di creste piu' alte, gli alberi iniziano a farsi radi e contorti, per fare posto alla steppa. Come scagli di pesce, pietre sottili spezzano le soffici curve del prato e puntano verso il cielo in creste affilate sempre piu' alte.

E' tra queste creste, in fondo a lunghe vallate spoglie, appare il lago Baikal. Costoni coperti di erba sottile e bassa spazzata dal vento, si slanciano verso il lago fino a quando uno strapiombo roccioso non interrompe la la loro corsa sulle acque del lago.

Il lago Baikal e' da millenni il centro spirituale dei culti sciamanici siberiani. Qui si catalizzarono le forze che scatenarono la grande cavalcata che costrui' l'impero di Gengis Khan, il cui nome significa infatti "il Khan che viene dal mare" (Bei-Khan). E ancora oggi le genti della regione chiamano mare questo enorme lago.

Lungo oltre 600 chilometri e fondi oltre 1.600 metri, il lago con la sua enorme massa di acqua assicura un cli;a piu' temperato a tutta la regione. I suoi 365 affluenti mantengono umida la regione. Le sue acque, pur raggiungendo i 22 gradi in estate, restano stabili sui i 15 gradi in estate e in inverno. E' cosi' che sulle sue sponde prospera un ecosistema unico al mondo, ricchissimo di specie endemiche, ossia che si trovano solo in questa zona, innanzitutto la nerpa, unica foca di acqua dolce, ormai a rischio di estinzione.


Il traghetto carica lentamente autocarri e veicoli in un traffico apparentemente infernale. Una specie di spaccaquindici, dove le vettura marciano a non piu' di due centimetri l'una dall'altra.
Il vento agita le onde contro gli scogli scuri. Su un picco di roccia spazzato dagli spruzzi, incurante del vento che gli gonfia la tonaca, un pope manovra con professionale e solenne noncuranza la sua canna da pesca.

Oltre le sponde del lago, nell'isola di Olohon, ci aspetta il campo organizzato da Greenpeace Russia, per proteggere il lago Baikal. Greenpeace da anni si batte per la protezione delle foreste siberiane e in particolare per la salvaguardia del cuore della Siberia: il lago Baikal. Una gran quantita' del legname abbattuto nella zona finisce infatti nelle due cartiere costruite sulle rive del lago, che immettono tonnellate di rifiuti tossici nelle sue limpide acque. Perfino l’isola di Olohon, da secoli centro sacro dello sciamanismo siberiano, si copre di rifiuti. L'incertezza seguita ai cambiamenti politici degli anni novanta, ha portato ciascuno a pensare per se', ai danni della comunita' e soprattutto dell'ambiente. Per invertire questa pericolosa tendenza, gli ambientalisti cercano di rivalutare le radici della cultura tradizionale, allo scopo di riscoprire valori condivisi di rispetto del territorio. Qui a Olohon il progetto e' la bonifica delle discariche create da una gestione fatiscente dei rifiuti, per portare le autorita' locali ad adottare metodologie appropriate ma soprattutto convincere le comunita' che e' necessario pensare al futuro. Ettari di fragile foresta costiera sono infatti letteralmente ricoperti di rifiuti, alcuni dei quali nocivi, e una quarantina di volontari provenienti da Italia, Olanda, Germania Stati Uniti, oltre che da lontane regioni della Russia, sono venuti qui per raccogliere e separare i rifiuti, metro per metro, e convincere con l’esempio la gente del posto: battersi per migliorare il proprio ambiente e' ancora possibile.

mercoledì 31 luglio 2002

Siberia, un mare verde


Mosca, 31 luglio 2002. Dopo averci fatto aspettare quattro ore fermi in aeroporto, il piccolo aereo traballante si e' finalmente diretto verso Irkutsk, nel mezzo della Siberia. Sotto di noi scorre lentamente un immenso oceano verde. E' la piu' grande foresta del mondo: cinque milioni di chilometri quadrati, il sessanta per cento delle foreste boreali e temperate del pianeta. Un territorio immenso, pari alla superficie degli Stati Uniti, che si estende dall'area artica della Sakha settentrionale, fino alle regioni subtropicali che costeggiano i fiumi Amur e Ussuri, dalle arbustaie della tundra settentrionale, alle ricche foreste miste nel meridione.

Ma dall'aereo si vedono anche numerosi buchi squadrati in questo mare verde. Ruspe e macchinari pesanti avanzano con inesorabile lentezza, dietro pressione delle compagnie di legname asiatiche che comprano di tutto. Queste foreste infatti rappresentano un quarto riserve mondiali di legname, il doppio cioe' dell'Amazzonia. Molte di queste operazioni sono localizzate in aree off-limits, in teorie di interesse strategico, in realta' usate dall'esercito per finanziarsi spolpando l'ambiente. Contemporaneamente, approfittando dell'incertezza politica e della corruzione rampante, le grandi compagnie asiatiche si sono assicurate contratti di sfruttamento a lungo termine in queste foreste. Il gigante malese Rimbunan Hijau, ha ottenuto due contratti che gli assicurano per 50 anni le foreste lungo il Mar del Giappone, per esportare tronchi grezzi verso i mercati della Cina, del Giappone e della Corea del Sud.

C'e' una fauna incredibile in queste foreste, dal leopardo dell'estremo oriente, all'orso dell'Himalaya, al cervo muschiato, fino alla famosa tigre siberiana, la terribile e ormai minacciata tigre dell'Amur. Sono ormai meno di 300 gli ultimi esemplari di tigre qui in Siberia, ce ne sono di piu' nei giardini zoologici sparsi per il mondo.
Compagnie multinazionali come la Hyundai e la Rinbunan Hijau, operando attraverso joint venture locali, distruggono le foreste ormai da anni tagliando la raso, violando impunemente le leggi e minacciando la vita delle 26 comunita' indigene che, come gli Udege, che vivono nelle foreste di caccia e pesca. Le popolazioni locali soffrono delle conseguenze del taglio indiscriminato lungo i fiumi, dell'inquinamento delle acque causato dallo scarico di lubrificanti, che ha portato a diverse morie di salmoni, loro alimento base. E quel che e' peggio, la distruzione ha un effetto contagioso: quando le comunita' locali vedono il loro ambiente inesorabilmente distrutto, allora cambiano tutte le regole, e una sola legge conta: pensare per se', salvare il salvabile, guadagnare il possibile e non pensare al domani. E cosi' un intero mondo se ne va, albero dopo albero, popolo dopo popolo. Guardo ancora una volta questo mare verde a macchia di leopardo, su ciascuna macchia le ruspe avanzano. Sono troppi fronti per contrastarli tutti. Per questo abbiamo scelto un simbolo che li rappresenta tutti: Il lago Baikal