venerdì 3 settembre 2010

C'è posta per te


Il postino non suona sempre due volte, e a volte vorresti non suonasse mai. Come quando, fra pubblicità indesiderate e bollette ancor più indesiderate, spunta una denuncia con una richiesta di risarcimento di 500.000 euro. E allora la cosa si fa seria.

Qualche mese fa, l'associazione ambientalista Terra! ha fatto luce su un’aggressiva campagna di espansione nel mercato italiano da parte di una delle imprese più distruttive del mondo, la Asia Pulp & Paper (APP). Nel giro di pochi mesi, questa impresa - che da sola a spianato oltre un milione di ettari di foreste pluviali, un'area vasta quanto l'Abruzzo, per farne piantagioni di acacia - ha aperto uffici in Italia, Spagna, Regno Unito, Austria e Germania. Da questi uffici organizza un esercito di venditori sguinzagliati a proporre nuove carte a prezzi vantaggiosi. E così l'Italia è divenuta il primo importatore europeo di prodotti cartari dall’Indonesia, superando le 77.000 tonnellate. Nel 2009, editori, tipografie e rivenditori di carta hanno acquistato oltre 40.000 tonnellate di carta soltanto dalle tre cartiere indonesiane del gruppo APP: Tjiwi Kimia, Pindo Deli e Indah Kiat. Questo aumento delle vendite spinge il colosso cartario a produrre di più e ne alimenta la cronica fame di fibre che lo spinge a convertire sempre nuove foreste in piantagioni di acacia. Per questo Terra!, assieme a 40 associazioni ambientaliste europee, ha chiesto alle imprese del settore di interrompere ogni relazione commerciale con il colosso cartario sino-indonesiano.

Terra! sottolineava che acquistando prodotti della APP, si favorisce l'espansione sul mercato italiano dei suoi prodotti, che rischiano di mettere fuori gioco la produzione cartaria nazionale proprio in un momento di crisi, e al tempo stesso si incoraggia la APP ad espandere ulteriormente le proprie pratiche distruttive in Indonesia, ai danni delle residue foreste pluviali e delle comunità che vi abitano
Imprese come Mondadori Printing, De Agostini, Gucci, Versace, Ferragamo, Burgo, Fedrigoni, Kimberly-Clark, Nestle, Kraft, Fuji Xerox, Unilever, Stamples, Office Depot, Corporate Express, Metro, hanno compreso come le pratiche della APP siano distruttive e incompatibili con i propri valori aziendali e hanno evitato o interrotto l'acquisto di prodotti da APP.
Chi la campana di Terra! proprio non ha voluto ascoltarla sono le Cartiere Paolo Pigna invece non hanno ritenuto importante dare una risposta e quando Terra! ha divulgato il legame commerciale tra la APP e Cartiere Pigna, quest’ultima si è affrettata a dichiarare alla stampa che si trattava di una menzogna: "Cartiere Pigna non tiene rapporti commerciali con la società indonesiana Asian Pulp and Paper e non si approvvigiona di prodotti derivanti dalle foreste indonesiane".

La Pigna però non si è limitata a diramare comunicati: ha citato Terra! per danni. L’associazione ambientalista è stata così condannata a pagare 20.000 euro più le spese, per aver rivelato un fatto vero. Infatti, in sede processuale, Terra! ha fornito gli estremi di diverse fatture che provano gli scambi commerciali tra Cartiere Pigna e la APP, per cui Pigna ha dovuto ammettere di aver acquistato carta dalla APP. Ma non basta: Terra! ha fatto analizzare dei quaderni Pigna Monocromo, uno dei prodotti più venduti dall’impresa, e sono risultati pieni di fibre provenienti da foreste pluviali: tra il 62 e il 74% di acacia (le cui piantagioni vengno messe su abbattendo le foreste pluviali e torbiere) e tra il 19% e il 36% di latifoglie miste tropicali (MTH), ossia foresta pluviale ridotta in trucioli.

Le prove evidenti del legame di alcuni prodotti della Pigna con la deforestazione non ha impedito a questa impresa di tirare dritto e ottenere una condanna per Terra! "Certo è che una associazione ambientalista ci penserà due volte prima di esporre un crimine ambientale" sostengono preoccupati gli attivisti di Terra!. Insomma, deforestare va bene, distruggere il clima globale anche, denunciare quanto accade invece no.

Terra! ovviamente è riscorsa in appello, ma nel frattempo ha trovato la solidarietà di oltre cinquanta associazioni: "la legge dovrebbe perseguire le imprese responsabili di crimini ambientali contro le forese pluviali dell'Indonesia e contro il clima, invece di condannare chi ha messo in luce il problema - recita il comunicato - E' una palese violazione del diritto di parola, e un tentativo di impedire le campagne ambientali". Tra i firmatari del comunicato, Greenpeace, Legambiente, Friends of the Earth, Rainforest Action Network e numerosi altri.
"Sosteniamo Terra! nella sua battaglia contro un verdetto ingiusto - prosegue il comunicato - Consideraiamo l'attacco di Pigna a Terra cone un attacco a ciascuno di noi, che lavoriamo per un ambiente più sostenibile".

Un recente rapporto di Reporter Senza Frontiere, ha messo in guardia sulla crescita delle intimidazioni verso chi rivela crimini ambientali: "Quando si rivelano crimini commessi da imprese e governi locali, iniziano i guai" . Ora, fanno notare gli attivisti di Terra! dall'Uzbekistan all'Indonesia, le intimidazioni sono arrivate all'Italia. Ora Terra! dovrà pagare alla Pigna il danno causato dalle proprie rivelazioni. Ma chi pagherà per i danni al clima globale?

lunedì 29 marzo 2010

L’uomo della foresta


La fragile struttura di metallo oscilla a ogni gradino. La scala pioli sale lungo la torre per sessanta metri. Dal suolo le carnivore colorate e le piccole palme di sago si fanno sempre più piccole, fino a profondare nel buio, man mano che gradino dopo gradino la luce inizia a penetrare fra le fronde degli alberi e compaiono i rimi pezzi di cielo. In cima alla torre vigilano silenziosi i macchinari per le rilevazioni atmosferiche e lo studio dei gas rilasciati dalla foresta.
Un rumore secco vibra nell’aria, come un tronco vuoto percosso. Poi un muoversi di fronde. Accelero la salita, le mani sudate scivolano sul metallo umido, ma arrivo in temo all’appuntamento: due alberi più in la si affacciano due oranghi, una madre con un piccolo. Siamo alla stessa altezza, faccia a faccia. Loro su un ramo di ditperocarpa, io sul mio albero artificiale di metallo. Mi guardano con una curiosità celata da apparente disinteresse: che ci fa questo estraneo nel loro territorio? È uno sguardo indulgente, da vecchio saggio. Che ha visto tante storie, tante intemperanze, e ora guarda alla vita degli umani con pietoso distacco.
Oscillano tra i rami senza fretta, poi, realizzato che non succede niente, oscillano mollemente sulle lunghe braccia. Smetto di sperticarmi verso il vuoto e riprendo a salire mentre l’oscillare dei rami si allontana lentamente.

Orango in realtà significa uomo. Il nome vero è orang-utan, che in malay significa uomo della foresta. E per millenni questi uomini delle foreste hanno abitato pacificamente le loro foreste. Ma poi gli uomini delle città hanno cominciato ad abbattere le loro foreste, e i pacifici oranghi si sono ritirati, e poi ritirati ancora man mano le motoseghe avanzavano. Ora stanno per estinguersi, come tutti gli altri parenti dell’uomo: gorilla, scimpanzè, bonobo. Gli scalini scorrono uno dopo l’altro. Quanti ne restano ancora? Quanti anni restano agli oranghi prima di sparire per sempre? Quando arrivo in cima alla torre, la vegetazione è completamente diversa. Al nero macchiato di verde scuro e marrone si sostituisce un tappeto di fronde verde chiaro, quasi argentato, appena ingrigito dall’umidità verso l’orizzonte. Il sole picchia diretto e brucia sulla pelle quassù. Da sopra vedo i due oranghi allontanarsi lentamente, come due ragnetti rossi, allungandosi con le braccia, di ramo in ramo.
Verso ovest il mare di foresta si stende all’infinito, fino a sciogliersi nel cielo. Ma a est dopo qualche chilometro la foresta s’interrompe brutalmente lasciando posto a un deserto costellato di tronchi secchi. È l’inarrestabile avanzata della civiltà.

giovedì 4 febbraio 2010

Vi ricordate le lucciole?


L’ora è arrivata. Dal tappeto di fronde, venti metri più in basso, si leva un coro di suoni, sirene e ululati, come se qualcuno stesse cercando di rubare contemporaneamente tutte le auto parcheggiate di un’intera città.
È il canto del tramonto, che in realtà precede il tramonto di alcune ore. Sceso alla base della torre mi trovo immerso nel buio, e solo dopo alcuni minuti gli occhi si riabituano completamente alla penombra. Arrivato al campo la penombra si è fatta buio pesto. Un buio vivo, abitato da suini, scricchiolii, cicaleggi, fruscii. Impastato di odori umidi, caldi, viscosi. Un buio interrotto e reso più denso dal fitto svolazzare delle lucciole. Le lucciole… È un tuffo nell’infanzia, quando volavano a centinaia nell’aria fredda dietro casa, in Trentino. Cercavo di acchiapparle per fare le lanterne degli gnomi. Ricordo la delusione di questa magica luce delle fate, che una volta portata alla luce si rivelava un banale coleotterino dal colore insipido. Era difficile capire che le magie non possono essere portate in casa, che devono restare nel loro mondo. Ma erano sempre una magia. Ora non ci sono più, come le magie dell’infanzia, come gli gnomi, come le favole: una cosa del passato. Ma a differenza delle favole, non le ha fatte svanire la scuola, le hanno eliminate in pochi decenni i pesticidi dei nostri campi.
Guardo le piccole luci che oscillano tremolando nell’aria e mi domando decenni ci vorranno per far piazza pulita di questa foresta, di questo buio così intenso e vivo, delle sue luci tremolanti, dei suoi suoni. E un giorno anche questa notte non sarà che la dolce bugia di un racconto fatato.