mercoledì 31 luglio 2002

Siberia, un mare verde


Mosca, 31 luglio 2002. Dopo averci fatto aspettare quattro ore fermi in aeroporto, il piccolo aereo traballante si e' finalmente diretto verso Irkutsk, nel mezzo della Siberia. Sotto di noi scorre lentamente un immenso oceano verde. E' la piu' grande foresta del mondo: cinque milioni di chilometri quadrati, il sessanta per cento delle foreste boreali e temperate del pianeta. Un territorio immenso, pari alla superficie degli Stati Uniti, che si estende dall'area artica della Sakha settentrionale, fino alle regioni subtropicali che costeggiano i fiumi Amur e Ussuri, dalle arbustaie della tundra settentrionale, alle ricche foreste miste nel meridione.

Ma dall'aereo si vedono anche numerosi buchi squadrati in questo mare verde. Ruspe e macchinari pesanti avanzano con inesorabile lentezza, dietro pressione delle compagnie di legname asiatiche che comprano di tutto. Queste foreste infatti rappresentano un quarto riserve mondiali di legname, il doppio cioe' dell'Amazzonia. Molte di queste operazioni sono localizzate in aree off-limits, in teorie di interesse strategico, in realta' usate dall'esercito per finanziarsi spolpando l'ambiente. Contemporaneamente, approfittando dell'incertezza politica e della corruzione rampante, le grandi compagnie asiatiche si sono assicurate contratti di sfruttamento a lungo termine in queste foreste. Il gigante malese Rimbunan Hijau, ha ottenuto due contratti che gli assicurano per 50 anni le foreste lungo il Mar del Giappone, per esportare tronchi grezzi verso i mercati della Cina, del Giappone e della Corea del Sud.

C'e' una fauna incredibile in queste foreste, dal leopardo dell'estremo oriente, all'orso dell'Himalaya, al cervo muschiato, fino alla famosa tigre siberiana, la terribile e ormai minacciata tigre dell'Amur. Sono ormai meno di 300 gli ultimi esemplari di tigre qui in Siberia, ce ne sono di piu' nei giardini zoologici sparsi per il mondo.
Compagnie multinazionali come la Hyundai e la Rinbunan Hijau, operando attraverso joint venture locali, distruggono le foreste ormai da anni tagliando la raso, violando impunemente le leggi e minacciando la vita delle 26 comunita' indigene che, come gli Udege, che vivono nelle foreste di caccia e pesca. Le popolazioni locali soffrono delle conseguenze del taglio indiscriminato lungo i fiumi, dell'inquinamento delle acque causato dallo scarico di lubrificanti, che ha portato a diverse morie di salmoni, loro alimento base. E quel che e' peggio, la distruzione ha un effetto contagioso: quando le comunita' locali vedono il loro ambiente inesorabilmente distrutto, allora cambiano tutte le regole, e una sola legge conta: pensare per se', salvare il salvabile, guadagnare il possibile e non pensare al domani. E cosi' un intero mondo se ne va, albero dopo albero, popolo dopo popolo. Guardo ancora una volta questo mare verde a macchia di leopardo, su ciascuna macchia le ruspe avanzano. Sono troppi fronti per contrastarli tutti. Per questo abbiamo scelto un simbolo che li rappresenta tutti: Il lago Baikal