giovedì 5 aprile 2001

Amazonas



Sembra incredibile che un quinto di tutta l'acqua dolce del mondo si trovi racchiusa in Amazzonia. Sembra incredibile fino a quando non si vede con i propri occhi l'estensione imponente del fiume-mare, il Rio delle Amazzoni, dove fiumi diversi scorrono fianco a fianco nello stesso letto, senza mescolare le proprie acque. La corrente e' appena percettibile eppure l'enormita' di quella massa d'acqua in movimento e' spaventosa.

L'acqua disegna l'intero paesaggio, le estensioni di foreste alluvionate dove la barchetta plana di ramo in ramo come uno strano uccello, l'orizzonte tagliato dalle strisce scure di temporali improvvisi e dalle immense colonne di vapore che si levano da foreste lontane a creare nuove nubi, un ammassarsi in strati infiniti, uno dopo l'altro, di un cielo che sembra non voler finire.

Un'acqua nera come la notte, che ha strappato alle foreste sommerse gli umori piu' segreti. Lungo l'acqua, dentro l'acqua, intorno all'acqua cresce la foresta. L'intrigo di tronchi e steli glabri che si perdono verso il cielo verde scuro, sotto il quale e' sera dodici ore al giorno. E poi sara' notte. Un'immensa estensione di alberi vivi e morti, rumori e richiami. Tutta diversa e tutta uguale: ogni angolo assomiglia agli altri, e diventa diverso da se stesso appena un istante piu' tardi. Un immenso caleidoscopio incantato, in cui solo i popoli della foresta sanno muovere piu' di un passo senza perdersi irrimediabilmente, fino a lasciarsi cadere nella profondita' della notte.

Una notte densa, fatta del rumoroso silenzio di mille animali e piante che si muovono a passi felpati sulle foglie fosforescenti, si incontrano, si contorcono, si inseguono, si stringono. Una notte che e' la piu' fonda e la piu' viva di tutte le notti. E' facile immaginare che per gli uomini europei, il caos vivo dell'Amazzonia fosse un immenso niente. Al centro di questo niente, sorge Manaus, citta' di confine. Citta' di avventurieri e marinai, trafficanti e prostitute.
E come in tutte le frontiere perdute, brulicanti di uomini perduti, a Manaus si cristallizzano come impure gemme i sogni smarriti degli orfani di una Europa troppo lontana.

Una di queste gemme contraffatte e' il Teatro Amazonas, che sfoggia il lusso sproporzionato dell'epoca dei baroni della gomma: cristalli, legni e marmi portati dall'Europa fino a questo finis terrae, per celebrare con sfarzo l'inarrestabile avanzata della cultura e del progresso sulle forze oscure della foresta. Ma la foresta si e' difesa, e la febbre gialla ha sterminato i raccoglitori, il tempo che bastava perche' fosse inventata la gomma artificiale. Imperturbabili, i signori della gomma hanno spostato altrove le loro fortune, lasciando la foresta amazzonica quasi intatta e Manaus in fastosa decadenza.

Piu' lontano ecco il Palazzo Rio Negro: edificio candidamente neoclassico, voluto da un barone della gomma prontamente ritornato alla terra natale, in Germania, e trasformato in palazzo dal governatore dell'Amazzonia. In una saletta foderata di legni pregiati, si tiene un concerto di musica da camera, e le note dei Brademburghesi si diffondono oltre i vetri di un irrealistico tramonto equatoriale. Al lato, un cartello in bella calligrafia, riporta in ordine cronologico i nomi di governatori militari, costituzionali o rivoluzionari, di dittatori e commissari federali che si sono succeduti governando l'Amazzonia ciascuno per qualche settimana, alcuni per non piu' di due giorni. L'arrivo della sera e' annunciato da un'Ave Maria barocca, nella voce cristallina di una ragazza dai dolci occhi di india.
Una voce triste, che evoca esistenze trasparenti e perfezioni astratte, mentre qualche centinaio di metri piu' in la', le spazzine di Manaus, dai cappelli dalle larghe falde, rimestano tra i fetori densi del mercato, mentre gli scaricatori del porto bevono birra gelata e ballano canzoni contadine cantate da orribili ceffi armati di pianola elettrica. Da un buco nel selciato, un topo di fogna sporge il suo muso, attratto dall'allegra festicciola, e scambia qualche occhiata furtiva con gli sguardi gentili e giocosi di questo strano popolo perduto al confine del nulla.

Lungo il fiume scorrono buffi battelli tondeggianti e piccole canoe. Vanno lentamente verso il nero scuro della notte senza luna, la notte di tutte le foreste del mondo.

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