mercoledì 24 ottobre 2007

Ritorno a Kuala Cenaku



Kuala Cenaku, Sumatra
Un gruppo di bambini siede abbarbicato sul piccolo molo traballante e osserva le operazioni di carico dei gommoni. I motori richiedono una revisione, e il sole e' gia' alto quando vengono mollate le cime. Il fiume continua a scorrere contro corrente col suo carico di giacinti d'acqua, lentamente. Sembra che il tempo scorra seguendo ritmi antichi. A volte si arriva in mezzora, a volte in due ore. A volte quando capita.
Appena attraccato iniziamo a scaricare l'attrezzatura portata dal Kalimantan, e subito iniziamo a testare il terreno. Kitzo maneggia gli strumenti con cura. Semplici pezzi di ferro robusto, ma ingegnosamente messi assieme. La perforatrice per i carotaggi non e' che una specie di grosso coltello che si avvita a un manico di ferro. Ne risulta una sorta di alabarda che viene conficcata con forza nel terreno, fino a quando non e' completamente affondata nella torba. Se non affonda perche' incontra una radice si cambia punto e si ricomincia da capo. Se si raggiunge il fondo bisogna svitare e aggiungere una prolunga, quindi si torna a spingere. Metro dopo metro, la perforatrice continua ad affondare, fino a quando non arriva al suolo minerale. A questo punto la perforatrice viene girata su se' stessa, e una faccia del "coltello" si sfoglia come la pagina di un libro, catturando una perfetta carota di suolo. A quel punto basta tirare su tutto quanto e misurare.
In ogni foro nel terreno viene piantato un tubo di plastica bloccato sul fondo e perforato ogni dieci centimetri con un chiodo rovente. L'acqua che impregna la torba entra nel tubo dai piccoli fori, e il tubo si riempie consentendo facilmente di misurare il livello dell'acqua nel terreno.

Ogni cinquecento metri, un nuovo foro. Ai margini della piantagione registriamo quasi cinque metri e mezzo di torba, molto di piu' di quanto consentito dalla legge. Mano a mano che si va verso il centro della piantagione, lo spessore della torba aumenta, fino a essere piu' profondo della perforatrice con tutte le prolunghe montate: otto metri. Siamo una maschera di fango nero e viscido, appena allungato dalla pioggia che da qualcue ora ha iniziato a inzupparci.

Ma la profondita' dell'acqua non supera il metro e mezzo. La torba e' ancora umida. Ma il canale a un passo da noi continua a trascinare via acqua. "Se il drenaggio viene fermato subito, qui siamo ancora in tempo - commenta Kitso - Ma se aspettiamo cinque anni sara' troppo tardi. Come la' da noi, in Kalimantan". La foresta e' stata ormai abbattuta, almeno da questo lato, ma il suolo e' ancora vivo. Ai nostri piedi un vivace torrente di acqua nera e spumosa se ne va verso il fiume con l'acqua drenata dai canali. Stavolta possiamo fare ancora qualcosa. Vale la pena di tentare, anche se qualcuno si arrabbiera'.

Sulla via del ritorno la pioggia continua a battere il fiume. L'aria si e' fatta fredda, e sulle acque ancora tiepide si formano batuffoli di nebbiolina. Un paesaggio magico e surreale, che sembra venire da altri mondi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sergio! Cool!!! I'm so sorry, I don't know Italian! Photos are wonderful!