lunedì 22 ottobre 2007

Sulle dighe



Kuala Cenaku, 22 ottobre 2007. Ci si alza tutti prima dell'alba. Non e' il freddo, qui anche la pioggia e' calda, ma indossare appena svegliati i vestiti fradici di fango del giorno prima non e' una cosa piacevole. Eppure e' saggio: meglio tenere la maglia asciutta per la sera, quando torneremo al campo distrutti di stanchezza.
Imprecando, i piedi rientrano negli stivali di gomma, le vesciche strillano, le dita slogate protestano, le ossa sono ammaccate, ma il caffe' e' caldo, e ti rimette sempre su. Un altro giorno di lavoro duro, al canale di drenaggio. A trascinare travi e sacchi di sabbia, a scavare immersi nell'acqua fino al collo, a piantar travi nella torba col bum-bum, il gigantesco martello fatto con una sezione di tronco.
Nessuno pensava che fosse semplice costruire dighe sui canali. No, nessuno lo pensava, ma ora il corpo si ribella. I piedi scivolano sulle passerelle che a mala pena affiorano sul mare di fango, le mani perdono la presa sulle travi irte di schegge, gli attrezzi scivolano. Non e' che dentro una sauna finlandese ti verrebbe proprio voglia di darti ai lavori pesanti.
Ma colpo dopo colpo, uno dopo l'altro i tronchi penetrano nella torba per uno, due, tre metri. E una dopo l'altra, file di tronchi creano uno sbarramento all'acqua. Sacco dopo sacco, le file di tronchi si riempiono di sabbia, uno sbarramento fatto per durare, almeno fino a quando la foresta sara' ricresciuta, e sara' lei a prendersi cura del canale e a regolare il flusso dell'acqua.



Quando l'ultimo palo viene conficcato e i sacchi di sabbia iniziano a riempire il fondo del canale, il livello dell'acqua si alza a vista d'occhio. La torba succhia l'acqua man mano che sale, si riempie, si gonfia, prepara nuova vita.
Ai margini della piantagione, tra i tizzoni carbonizzati abbiamo trovato giovani piante di meranti, duriam, garcinia e bintangor: segno che la vita e' ancora disposta a tornare su questa terra, se torna l'acqua. Ogni anno milioni investiti in piani di riforestazione se ne vanno in fumo su un suolo ormai compromesso, su una torba ormai disseccata. E allora, perche' aspettare? Agire subito, per non avere rimpianti domani. A un chilometro di qui abbiamo scovato una popolazione di gibboni, confinati dall'avanzata delle ruspe in un fazzolettino di foresta residua. Di sicuro non se la passano bene, ma se la foresta tornera' ad espandersi, si cureranno loro di ripopolarla.

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