
Ligiombo, 11 aprile 2004. Chi vuole passare la frontiera attraversando il fiume con la piroga, deve prima pagare la gabella a un ufficiale doganale, un ubriaco malfermo che riemerge dai fumi dell'alcol e del calore solo quando si tratta di estorcere denaro. Passata la frontiera e' il turno di altri funzionari: dentro un cubicolo di cemento, risuonano le urla di un uomo in pantofole e caffettano lilla, che vorrebbe apparire minaccioso: il capo dei gendarmi di Ligiombo, inferocito con noi perche' lui, "il capo della forza armata" del villaggio, non vede nulla dei finanziamenti che girano attorno al parco nazionale. Poi, nel dubbio, passa un quarto d'ora a copiarsi uno per uno tutti i numeri dei codici elettronici del mio passaporto. Passata anche questa scena di ordinaria burocrazia, finalmente ci si tuffa in una delle piu' belle aree di foresta del Bacino del Congo. Visitiamo le pozze salate meta di pellegrinaggio degli elefanti di foresta, le radure dove pascolano bufali, bongo e sitatunga. Camminando nella foresta incrociamo piu' volte la rotta di gruppi di elefanti, incontriamo nido di scimpanze' e osserviamo da vicino un gorilla ingozzarsi di tenere foglie e succulente termiti. Ma la Repubblica Centrafricana non gode una buona fama di sicurezza nei circuiti turistici, e siamo gli unici visitatori.
Attivi nei progetti di Wwf e di Wildlife Conservation Society si incontrano personaggi come Clohe' che passa la giornata accampata nel cuore della foresta a pedinare e studiare i gorilla, o Andrea, che conosce uno per uno gli oltre mille e cinquecento elefanti che vengono periodicamente, a fare scorta di sali. E li saluta con gioia, felice di rivederli dopo il loro peregrinare di quattro o cinque anni, felice di sapere che ce l'hanno fatta a sfuggire ai cacciatori, felice di vedere che una elefantessa e' tornata con un nuovo cucciolo. Perche' anche qui la caccia rappresenta una minaccia. I bracconieri penetrano fin nel cuore del parco, in cerca di elefanti e di gorilla. Ne intravediamo un paio, nascosti nel folto della macchia. Un'ombra che scompare nel nulla.
Ai lati del parco si estende la concessione con segheria annessa della Societe' des Bois de Bayanga, societa' in perdita, che brucia il denaro degli investitori per tagliare alberi ai margini di uno dei parchi naturali piu' belli del mondo. La poverta' della zona non lascia spazio a visioni di lungo periodo: la segheria chiudera' comunque fra qualche anno, quando avra' esaurito le proprie concessioni. Lascera' dietro di se' una scia di degrado nella foresta e tra le comunita' locali, un lascito di disoccupazione, e nuove bande di cacciatori di frodo.
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