domenica 4 agosto 2002

Un campo sul lago Baikal


Irkutsk, 4 agosto 2002. I ragazzi di Greenpeace Russia ci aspettano a Irkutsk in una splendida giornata di sole. Ci vuole un giorno di viaggio per raggiungere il campo, nel mezzo dell'isola di Olohon, cuore del lago Baikal.

Irkutsk e', come tutte le citta' di frontiera, una frontiera sul nulla: il confine tra la Russia cosacca e ortodossa e l'Asia della Transbaikalica.

Piccole case di tronchi scuri, adornate di fregi di legno e trine alle finestre. La frontiera nel frattempo si spostata dentro ciascuno, quasi a segnare il confine tra un presente scarno e un futuro incerto.

Mano a mano che il vecchio pullman Kavz si allontana da Irkutsk, la Tajiga si fa piu' fitta e chiusa: pini siberiani si alternano a larici, betulle e tremuli, sempre inframmezzati da ampie radure. Lungo le creste calcaree, ampie vallate si susseguono in un movimento lieve e ripetitivo.

Dopo una serie di creste piu' alte, gli alberi iniziano a farsi radi e contorti, per fare posto alla steppa. Come scagli di pesce, pietre sottili spezzano le soffici curve del prato e puntano verso il cielo in creste affilate sempre piu' alte.

E' tra queste creste, in fondo a lunghe vallate spoglie, appare il lago Baikal. Costoni coperti di erba sottile e bassa spazzata dal vento, si slanciano verso il lago fino a quando uno strapiombo roccioso non interrompe la la loro corsa sulle acque del lago.

Il lago Baikal e' da millenni il centro spirituale dei culti sciamanici siberiani. Qui si catalizzarono le forze che scatenarono la grande cavalcata che costrui' l'impero di Gengis Khan, il cui nome significa infatti "il Khan che viene dal mare" (Bei-Khan). E ancora oggi le genti della regione chiamano mare questo enorme lago.

Lungo oltre 600 chilometri e fondi oltre 1.600 metri, il lago con la sua enorme massa di acqua assicura un cli;a piu' temperato a tutta la regione. I suoi 365 affluenti mantengono umida la regione. Le sue acque, pur raggiungendo i 22 gradi in estate, restano stabili sui i 15 gradi in estate e in inverno. E' cosi' che sulle sue sponde prospera un ecosistema unico al mondo, ricchissimo di specie endemiche, ossia che si trovano solo in questa zona, innanzitutto la nerpa, unica foca di acqua dolce, ormai a rischio di estinzione.


Il traghetto carica lentamente autocarri e veicoli in un traffico apparentemente infernale. Una specie di spaccaquindici, dove le vettura marciano a non piu' di due centimetri l'una dall'altra.
Il vento agita le onde contro gli scogli scuri. Su un picco di roccia spazzato dagli spruzzi, incurante del vento che gli gonfia la tonaca, un pope manovra con professionale e solenne noncuranza la sua canna da pesca.

Oltre le sponde del lago, nell'isola di Olohon, ci aspetta il campo organizzato da Greenpeace Russia, per proteggere il lago Baikal. Greenpeace da anni si batte per la protezione delle foreste siberiane e in particolare per la salvaguardia del cuore della Siberia: il lago Baikal. Una gran quantita' del legname abbattuto nella zona finisce infatti nelle due cartiere costruite sulle rive del lago, che immettono tonnellate di rifiuti tossici nelle sue limpide acque. Perfino l’isola di Olohon, da secoli centro sacro dello sciamanismo siberiano, si copre di rifiuti. L'incertezza seguita ai cambiamenti politici degli anni novanta, ha portato ciascuno a pensare per se', ai danni della comunita' e soprattutto dell'ambiente. Per invertire questa pericolosa tendenza, gli ambientalisti cercano di rivalutare le radici della cultura tradizionale, allo scopo di riscoprire valori condivisi di rispetto del territorio. Qui a Olohon il progetto e' la bonifica delle discariche create da una gestione fatiscente dei rifiuti, per portare le autorita' locali ad adottare metodologie appropriate ma soprattutto convincere le comunita' che e' necessario pensare al futuro. Ettari di fragile foresta costiera sono infatti letteralmente ricoperti di rifiuti, alcuni dei quali nocivi, e una quarantina di volontari provenienti da Italia, Olanda, Germania Stati Uniti, oltre che da lontane regioni della Russia, sono venuti qui per raccogliere e separare i rifiuti, metro per metro, e convincere con l’esempio la gente del posto: battersi per migliorare il proprio ambiente e' ancora possibile.

1 commento:

ivan ha detto...

caro sergio credo che dobbiamo diffidare del pino larice se vogliamo aiutare gli udege e i bimbi a vivere...molto e siberiano poco e italiano