martedì 13 agosto 2002



Isola di Olohon, 13 agosto. Il piccolo sentiero si inerpica nel bosco. Ho lasciato dietro di me i luminosi prati di genziane e stelle alpine. Il suolo e' ora coperto di licheni chiari, che danno un'apparenza di magia creando una lieve luminescenza nell'oscurita' del bosco. I passi, silenziosi su questo soffice tappeto, sembrano muovere in una dimensione sconosciuta.
Improvvisamente appare un piccolo slargo, infiocchettato di strisce di stoffa multicolori che pendono da tutti i rami. Al centro di questa foresta di stoffa, una maschera di legno dai lineamenti androgini. Mi guarda con occhi vuoti e fissi, e sembra porre mute domande.
Le genti buriate vengono ancora qui dopo millenni, lasciano richieste e strisce di stoffa, e se ne vanno con carichi di responsi, speranze e indicazioni.

Ma il mio cuore non riesce ad afferrare le il significato di questa lingua antica e silenziosa. Ne' di questo sguardo vuoto intagliato in legno antico. E il silenzio resta tra me e le domande inespresse come un muro impenetrabile.
Dalle cime degli alberi penetrano bagliori brillanti di sole pomeridiano, poi la foresta racchiude nel buio il segreto di uno sguardo troppo antico.
Osservo ancora una volta le strisce di stoffa. Alcune ormai scolorite dal tempo si sfanno lentamente nell'umidita': desideri e voti soddisfatti tanti anni fa', o voti che ancora pendono insoddisfatti come stracci al vento. Mi scuso col pensiero e prendo commiato dalla maschera silenziosa, mentre il vento che viene dal lago scuote i rami scuri, in segno di disapprovazione.

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